Diritto di famigliaSe la ex sostiene spese voluttuarie l’assegno di mantenimento va revocato

19 Febbraio 2023

Sono giudizialmente sindacabili le spese sostenute dall’ex coniuge ai fini della eventuale revoca dell’assegno di mantenimento

  • Sent. Cass. 1482-2023 

La Corte di Cassazione torna sul tema dell’assegno di mantenimento questa volta affrontando la questione di come possa assumere rilevanza le spese della ex coniuge non tanto ai fini della determinazione dello stesso ma ai fini della sua eventuale revoca.

La recentissima ordinanza n. 1482 del 18 gennaio 2023, nel richiamare i principi espressi dalle Sezioni Unite in materia di diritto all’assegno divorzile e dei relativi presupposti, si pronuncia in questo caso per la revoca dell’assegno precedentemente concesso all’ex coniuge valutando negativamente l’entità e la qualità delle  spese da questa sostenute.

Dall’esame della pronuncia in commento risulta che il Tribunale di Velletri che, dopo aver pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva posto a carico dell’ex coniuge  l’obbligo di versare alla ex moglie, l’assegno divorzile di Euro 100 mensili e l’ulteriore somma di Euro 450 mensili per il contributo al mantenimento del figlio, maggiorenne, ma non ancora autonomo.

Dal canto suo, l’ex coniuge   proponeva appello incidentale chiedendo che fosse revocato l’assegno divorzile e quello per il contributo al mantenimento del figlio.

La Corte di Appello rigettava l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, revocava l’obbligo di Tizio del versamento dell’assegno divorzile e di quello per il contributo al mantenimento del figlio, con la seguente motivazione:

a) il figlio, diplomatosi all’istituto tecnico industriale, aveva abbandonato l’occupazione offertogli dal padre nella propria officina per andare a lavorare, sia pur saltuariamente, con il compagno della madre nel campo dell’edilizia;

b) Tizia disponeva di redditi provati dalle risultanze dei conti correnti e dalle spese, anche voluttuarie, sostenute nonché dalla capacita’ lavorativa dimostrata dal fatto che ella aveva letteralmente trasformato il proprio fisico dedicandosi ad una intensa e costante attività di body building.

Tizia ricorre in Cassazione, lamentando che il giudizio circa la sua indipendenza economica fosse frutto di una errata lettura delle risultanze del conto corrente e che il Tribunale non aveva tenuto conto del contributo dato dalla stessa Mevia alla vita familiare, alla ristrutturazione della casa coniugale, al pagamento del mutuo, delle spese sostenute per il contratto di locazione, delle sue condizioni di salute e della situazione reddituale dell’ex marito.

La Cassazione con la citata sentenza nel ritenere inammissibile il motivo di impugnazione, in tema di assegno divorzile ribadisce quanto segue:

A) Il parametro  – assistenziale e perequativo compensativo -che e’ stato oggetto dell’elaborazione interpretativa delle Sezioni Unite  per definire e quantificare l’assegno di mantenimento occorre verificare, in primo luogo, se il divorzio abbia prodotto, alla luce dell’esame comparativo delle condizioni economico patrimoniali delle parti, uno squilibrio effettivo e di non modesta entità;

B) Ove  tale disparità sia accertata, è necessario verificare se sia causalmente riconducibile in via esclusiva o prevalente alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti la coppia coniugata, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi;

C) La Corte distrettuale, con accertamento insindacabile, ha affermato non solo che Tizia al momento della dissoluzione del matrimonio, aveva la capacità di dedicarsi all’attività lavorativa ma che la stessa, come si evince dalle risultanze del suo conto corrente e dalle spese sostenute anche voluttuarie, disponesse di redditi idonei a renderla economicamente autonoma ed in grado di sostenere i costi dell’abitazione presa in locazione.